CONVEGNO - Equal Pay Day Donne & lavoro : oggi e domani.Trento 24 aprile 2010 Sala Grande Castello del Buonconsiglio

FIDAPA -  FEDERAZIONE ITALIANA DONNE ARTI PROFESSIONI AFFARI, con il Patrocinio della Provincia Autonoma di Trento, della Regione Trentino – Alto Adige e del Comune di Trento, ha promosso il Convegno “Equal Pay Day - Donne e lavoro, oggi e domani - La situazione nel Trentino, in Italia e in Europa”. L’iniziativa, maturata nell’ambito del Progetto BPW EQUAL PAY DAY (Giornata a favore della parità salariale), ha permesso di focalizzare l’attenzione sulle discriminazioni che persistono nel mondo del lavoro tra uomini e donne. Uno degli obiettivi più qualificanti della Strategia di Lisbona è certamente quello relativo all’occupazione femminile, che dovrebbe raggiungere il 60% entro il 2010. L’Italia, il cui tasso nel 2006 si attestava al 46,3%, rispetto alla media dell’Unione del 57,4%, non raggiungerà l’obiettivo.


Per le donne italiane conciliare lavoro e carichi familiari resta un fattore di alta criticità, come testimoniato dalle differenze nei tassi di occupazione femminile, calcolati in funzione del ruolo ricoperto in famiglia. I figli, quindi, continuano a rappresentare una barriera all’accesso al lavoro, imputabile principalmente a diversi fattori quali l’iniqua distribuzione dei carichi familiari, la persistente carenza dei servizi per l’infanzia, le forme di discriminazione sul lavoro subite dalle donne con figli o in gravidanza.

I Paesi caratterizzati da una minore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, come l’Italia, sono quelli che otterrebbero dall’aumento dell’occupazione femminile un maggior vantaggio in termini di crescita del Prodotto Interno Lordo.

Alla mancanza di lavoro e al lavoro precario si aggiunge la disparità salariale; infatti anche sfondando il “tetto di cristallo” i salari delle donne non sono quasi mai pari a quelli dei loro colleghi maschi. I dati mostrano che il differenziale di reddito tra uomini e donne è spesso maggiore nelle professioni più qualificate e meglio retribuite e nelle aree geografiche dove il reddito medio è più elevato, che sono anche quelle in cui il tasso di attività femminile è già a livello degli obiettivi di Lisbona 2010.
“Perché continuiamo ad occuparci di differenziali retributivi di genere?” Perché non abbiamo ancora realizzato la parità retributiva? Ogni relatrice ha affrontato il problema da un punto di vista diverso, legato alla propria professionalità, ma sostanzialmente si sono ritrovate d’accordo sul fatto che i sistemi di valutazione del differenziale non sono omologati e che fanno prevalentemente riferimento alla retribuzione di base senza tener conto delle componenti variabili, che sono i premi di presenza, i premi di produttività, i premi di mobilità che le donne non ricevono e che vanno ad impinguare la retribuzione, e non li ricevono perché il sistema di classificazione professionale è pensato al maschile, cioè per un lavoratore su cui solo marginalmente incide il carico famigliare.


Il Convegno  ha scavato a fondo nell’argomento, che cercherò di riassumere rapidamente. L’uguaglianza fra le donne e gli uomini rappresenta uno dei principi fondamentali sanciti dal Diritto comunitario ed è in questa direzione che si muovono gli obiettivi dell’Unione europea in materia di non discriminazione legata al genere, aventi lo scopo di assicurare le pari opportunità e l’uguaglianza di trattamento in tutti i campi: dal lavoro, all’economia, al sociale, alle istituzioni. Amèlie Leclercq, che conosce l’Europa, ci ha lanciato un messaggio: “non è la legge che cambia le cose, sono i cittadini con le loro iniziative che riescono a cambiare”. Costruire un ambiente favorevole al lavoro femminile consentirebbe quindi di rispondere alle esigenze delle donne e valorizzare una risorsa importante per lo sviluppo economico del paese, spesso più qualificata di quella maschile, nonché di fornire un efficace mezzo di contrasto alla povertà delle famiglie rispondendo quindi sia ad obiettivi di equità ed eguaglianza di opportunità che di efficienza economica. La marginalizzazione delle donne nel mercato del lavoro è uno spreco di risorse e di talenti che il nostro Paese non può permettersi, se intende cogliere l’opportunità di un sistema produttivo ed economico moderno e competitivo nella qualità e nell’innovazione, come possibile uscita positiva dalla crisi. L’occupazione delle donne, con riferimento alle politiche di conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, è ostacolata principalmente dalla scarsità dei servizi sociali, soprattutto nel Meridione che già presentava prima della crisi economica attuale bassi tassi di occupazione femminile. La legislazione italiana a tutela della maternità pur molto avanzata, non copre efficacemente tutte le tipologie contrattuali. D’altro canto poco si è fatto per abbattere lo stereotipo per cui una donna con figli rappresenta un costo troppo elevato per le aziende. Investire sui servizi all’infanzia non è questione che riguarda solo le politiche familiari, è questione che riguarda la possibilità del nostro Paese di tornare a crescere e di pensare al futuro.

In particolare, occorre reintrodurre in certe aree misure per ridurre il carico fiscale sulle imprese che assumono donne anche se la normativa Europea vieta agevolazioni che implichino discriminazioni tra i generi, se queste non sono giustificate da una situazione particolarmente sfavorevole per una certa categoria di individui. Il tasso di occupazione e di attività delle donne è ancora troppo basso e il loro contributo è spesso limitato a settori particolari e occupazioni specifiche, con tipologie di contratti cosiddetti flessibili, ma in realtà precari e nei settori che si ritengono tradizionalmente femminili, dove tuttavia ricoprono mansioni meno qualificate anche in presenza di un’ alta scolarizzazione. Sovente questa alta scolarizzazione ha tuttavia una minore “spendibilità”. E proprio i timori per un inefficiente utilizzo delle risorse sono alla base della decisione di inserire fra gli obiettivi strategici dell'Unione Europea l’aumento delle donne nei settori tecnico-scientifici di formazione e lavoro, legati alla sostenibilità ambientale, alle nuove energie, alla “green economy”. Poche sono ancora oggi le donne nelle posizioni di vertice, sia nel settore privato che nella Pubblica Amministrazione. Il risultato finale della differenza di genere nel mercato del lavoro è la grande disparità fra uomini e donne negli importi delle pensioni percepite in tutti i regimi pensionistici. L’anzianità contributiva per genere mostra come per le donne prevalgano periodi più brevi di contribuzione per un numero minore di anni e di ore rispetto agli uomini, che mostrano avere una storia lavorativa e contributiva più completa, che consente loro anche maggiori possibilità e prospettive di carriera. Il “vantaggio” di vivere più a lungo si trasforma così in “svantaggio”, perché le pensionate sono esposte ad un maggiore rischio di povertà nell’ultima parte della vita.

Il Convegno ha visto la partecipazione di due relatrici che ci hanno offerto una visione europea del problema. Amèlie Leclerc, Coordinatore BPW Europe, ha posto l’accento soprattutto sulla necessità di coinvolgere i giovani e di renderli consapevoli del problema. Ha evidenziato come i membri affiliati delle Federazioni europee della Business and Professional Women siano state coinvolte nelle iniziative. Questo tema è stato ripreso dalla past presidente dell’Austria Sylvia Dillinger che ci ha illustrato le molte azioni poste in essere in Austria, Germania e Svizzera per divulgare l’Equal Pay Day, i successi che dal 2009 sono stati resi possibili attraverso la sensibilizzazione dei media ed il coinvolgimento di migliaia di donne nella campagna della “Borsa rossa”. Queste ed altre osservazioni sono state fatte dalle relatrici, che con grande professionalità e cuore si sono alternate. Dalla lettura degli Atti si avrà modo di cogliere tutte le loro osservazioni e proposte.

Grazie al meraviglioso pubblico che ha voluto essere con noi fino alla fine ed un arrivederci nella speranza di aver gettato un ponte.

Concludo non con parole mie, ma con parole di Marcela Serrano tratte da «Antigua vida mía»: ”Una donna è la storia delle sue azioni e dei suoi pensieri, di cellule e neuroni, di ferite ed entusiasmi, di amori e disamori. Una donna è inevitabilmente la storia del suo ventre, dei semi che vi si fecondarono o che non furono fecondati, o che smisero di esserlo e del momento irripetibile in cui si trasforma in una dea. Una donna è la storia di piccolezze, di banalità, di incombenze quotidiane; è la somma del non detto. Una donna è sempre la storia di molti uomini. Una donna è la storia del suo paese, della sua gente ed è la storia delle sue radici e della sua origine, di tutte le donne che furono nutrite da altre che la precedettero affinché lei potesse nascere. Una donna è la storia del suo sangue ma è anche la storia di una coscienza e delle sue lotte interiori. Una donna è la storia di un'utopia”.